Il mito di Artemisia

Dall’antichità al futuro, attraverso diverse riscritture

Conversazione con James M. Bradburne, direttore di Palazzo Strozzi.

Copertina del volume

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Da Diario Gerra 2009 – vol. 2

STEFANIA CARRETTI: Dalla mitologia classica, al Rinascimento, per arrivare ai giorni nostri. Attraverso
una serie di salti, rivisitazioni, passaggi di medium, il mito di Artemisia, o meglio delle due diverse Artemisie approda al fumetto e alla rete, proiettandosi nel futuro.
Mi interessa in particolare capire come è nato questo salto dall’arazzo seicentesco al fumetto e al web, e se la materia dell’esposizione di Palazzo Strozzi Caterina e Maria De’ Medici: donne al potere ha influenzato la scelta del nuovo mezzo.

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JAMES M. BRADBURNE: Ogni mostra ha un proprio intreccio organico intrinseco e contemporaneamente deve potersi rivolgere a diversi pubblici. Affinché ciò accada bisogna saper percorrere la strada che la mostra stessa ci suggerisce. La parte centrale della mostra su Caterina e Maria De’ Medici è formata da 15 monumentali arazzi completati nel 1610 che presi nel loro insieme costituiscono una sorta di poema illustrato che reinterpreta e fonde insieme due diversi miti di Artemisia, quella guerriera, regina di Caria, e quella vedova, moglie di Mausolo.
La rilettura di questi miti da parte delle regine di Francia Caterina e poi Maria De’ Medici, entrambe rimaste vedove e trovatesi a dover affrontare reggenze piene di difficoltà e conflitti, aveva allora la funzione di creare un’immagine che le legittimasse a regnare e comunicasse il loro potere.
È stato proprio questo tema della riscrittura a fornirci lo spunto per rivisitare il mito di Artemisia attraverso linguaggi moderni. Gli arazzi sono una materia molto difficile, così abbiamo deciso di intraprendere due livelli di riscrittura: uno rivolto ai bambini e alle famiglie e uno ad un pubblico giovane.
Roberto Piumini, noto scrittore per l’infanzia ha creato un percorso intorno agli arazzi fattodi filastrocche con un indovinello finale. In questo modo anche i più piccoli visitatori erano incuriositi e motivati a cercare nell’arazzo la risposta all’indovinello.
Per raggiungere i ragazzi, invece, abbiamo cercato un medium contemporaneo, che parli il loro linguaggio. Perciò abbiamo affidato a Giuseppe Palumbo l’incarico di riscrivere a fumetti il mito di Artemisia. La storia che è uscita dalla sua matita è ambientata nel futuro e benché non parli direttamente della mostra, ne affronta però il tema; così chiunque legga il fumetto impara a conoscere il mito di Artemisia e alcune sue coordinate all’interno della storia dell’arte. Questa riscrittura è stata uno strumento molto potente, che a sua volta ha introdotto un terzo medium, la rete. Questa è stata la riscrittura successiva.

S. C. : Ed è su questa riscrittura che si innesta la mostra tenutasi allo Spazio Gerra di Reggio Emilia, dove l’Artemisia contemporanea, divenuta ormai EternArtemisia, comincia a vivere di vita propria e dalla social community in rete riapproda alle pareti di un luogo espositivo.

J. M. B. : Come sappiamo anche la lettura è interattiva, però si tratta di un’interattività sempre individuale, o tutt’al più legata a poche persone, nel caso di una lettura pubblica. Con la rete il discorso cambia completamente. Abbiamo invitato altri fumettisti e studenti di scuole di fumetto a partecipare e dare la loro interpretazione del mito di Artemisia sotto la supervisione di Giuseppe Palumbo. Questo passaggio si è rivelato essere un’espressione perfetta del nostro approccio filosofico, quello che chiamiamo “l’ascolto visibile” – non si tratta solo di prestare ascolto agli studenti e agli artisti, ma di rendere visibile questo atto dell’ascolto su internet.
Sul web troviamo tutte le loro opere, le loro interpretazioni di quegli oggetti resistenti del ‘500 – ‘600. Da essi sono nate diverse rivisitazioni, tutti, momenti in cui l’ascolto è diventato compiutamente visibile tramite il web.
Questa operazione è pienamente riuscita e ne troviamo dimostrazione nelle mostre di Reggio Emilia e di Torino che si sono in qualche modo autogenerate indipendentemente dalla nostra organizzazione.
Il fumetto ha una propria vita autonoma rispetto alla mostra, che invece è ormai passata, e continua ad esistere nel web con quella asincornicità tipica della rete. La mostra è come una cena deliziosa, un’esperienza sensoriale da sperimentare, che però passa. Quello che rimane sono le tracce, quelle scritte, quelle sul web…

S. C. : Infatti, il web ha questa capacità di rendere l’oggetto presente sempre e ovunque…

J. M. B. : Internet funziona alla stessa maniera di una lavagna elettronica, dove le tracce diventano asincrone. Non è più necessario essere contemporaneamente nello stesso luogo per comunicare. Su questa lavagna lasciamo tracce alle quali possiamo reagire in ogni momento. Non si tratta in fondo che di un meccanismo di documentazione, riflessione e interazione. Questa visibilità è di capitale importanza perché rende trasparente tutto ciò che spesso nella comunicazione faccia a faccia è subordinato.
È un meccanismo molto contemporaneo; non ne faccio una questione strettamente elettronica, ma il supporto elettronico aiuta un’interazione che altrimenti sarebbe più difficile. La mia lavagna funziona alla stessa maniera, però è locale, mentre il web è una lavagna internazionale ed è presente nello stesso momento ovunque.

S. C. : Mi pare di cogliere in questo suo approccio all’arte e alla comunicazione dell’arte un senso di divertimento di fondo che fa perno sul gioco e sulla voglia di giocare con gli elementi offerti di volta in volta dalla materia esposta.

J. M. B. : Il gioco è fondamentale. Andare a una mostra deve essere un piacere, non un dovere. In un suo saggio sull’educazione infantile Alison Gopnick, che è una grande esperta di pedagogia, parla dell’effetto della teoria dello scoprire, del piacere fisico che regala una scoperta.
La stessa cosa vale per l’arte: una mostra non è cosa morta. Fare la prima esperienza di una mostra deve equivalere a un’esplosione dei sensi, al piacere quasi fisico di scoprire. Approccio interattivo alle mostre significa condividere questo piacere della scoperta.